Castello di Castagno

Vero Novembre: fame di tonno, stelline e desideri che diventano realtà

Testo: Elena Mazzoni Wagner - Foto: Riccardo Boccardi, Rachele Salvioli, Elena Mazzoni Wagner, Archivio Luca Alinari, Archivio Tommaso Paloscia, Michela Pomposi e Sarah Manca

11. Novembre – Luca Alinari - 2020 - Vero Novembre.jpg

Il Borgo Museo ha vissuto il restauro di ben 4 opere d’arte negli ultimi due anni (2019-2020), ovvero da quando la Pro Loco Castagno ha iniziato un percorso (insieme a CCT-SeeCity e col contributo del Comune di Pistoia) per la rigenerazione del territorio a base culturale. Grazie ad una volontà condivisa ed interventi nati dal basso, sono tornate a splendere: i tre affreschi Settembre di Antonio Bueno (pulitura di Sarah Manca, abitante e restauratrice), Ottobre di Fabio De Poli (restauro dello stesso artista), Novembre di Luca Alinari (rifacimento di Sarah Manca) e la scultura Amor filiale di Pietro Cioni (restauro di Riccardo Bisconti, abitante e socio della Pro Loco).

Il desiderio comune di restaurare le opere d’arte del Museo all’aperto di Castagno, fondato nel 1975 da Tommaso Paloscia, si è fatto azione collaborativa e questa è stata premiata: la Pro Loco ha appena vinto il bando “Restauro del patrimonio artistico 2020” promosso dalla Fondazione Caript e dunque, nel corso del 2021, altre 14 opere ritroveranno tutta la loro bellezza grazie al contributo della Fondazione e al co-finanziamento del Comune.

Novembre (1975) di Luca Alinari prima e dopo il restauro di Sarah Manca (agosto 2020). Foto di Riccardo Boccardi

Intanto celebriamo la notizia con una storia che sembra una favola ma che è vera come è “vero novembre”: la storia di un dipinto firmato nel 1975 da un giovane pittore chiamato Luca Alinari (Firenze, 1943 – Firenze, 2019) e intitolato come il mese che doveva raffigurare - Novembre - per il ciclo di affreschi che ha costituito il primo nucleo del Museo all’aperto di Castagno. Un dipinto realizzato con una tecnica poco resistente agli agenti atmosferici, presto quasi scomparso e rimasto per anni praticamente invisibile… fino a quest’estate, agosto 2020, quando è tornato a vivere di colori e disegni dopo il lavoro appassionato e professionale di Sarah Manca (restauratrice che il destino ha voluto si trasferisse, qualche anno fa, nella cosiddetta “Casa delle Fate” a Castagno, proprio accanto a Novembre), lavoro svolto con estrema cura e con affetto aiutato sin dalla fase di ricerca da Simonetta Paloscia, dalla famiglia Alinari e dai vicini di casa che si sono adoperati per dare il proprio contributo, prestando uno strumento, donando materiale, condividendo memorie, documentando con foto… Di seguito l’intervista a Sarah Manca integrata da alcuni preziosi ricordi di Ivana Alinari che svelano molto sull’enigmatica scritta nel dipinto che è finalmente tornato a brillare!

Sarah Manca e Novembre 2020 - Foto di Rachele Salvioli.

Sarah Manca e Novembre 2020 - Foto di Rachele Salvioli.

Vero, c’è di nuovo Novembre al Borgo Museo! Intervista a Sarah Manca, restauratrice e abitante di Castagno.

- Novembre era da tempo, ormai da molti anni, praticamente invisibile. L’opera del Borgo Museo in assoluto più difficile da restaurare. Sarah, come sei riuscita in questa impresa che sembrava impossibile?! Ed è più corretto definirla restauro, rifacimento o cos’altro?

Omaggio, un omaggio all’artista Luca Alinari. Mi sono ispirata ai suoi lavori o meglio a una serie, alle sue “stelline”, ma anche ai racconti dei paesani, di Simonetta Paloscia, della famiglia Alinari, delle persone che vivendo a Castagno o passando da qui avevano visto il suo affresco e più o meno se lo ricordavano o immaginavano in un certo modo... Ascoltando le loro storie, osservando con la lente d’ingrandimento alcune vecchie foto in bianco e nero, studiando i dettagli di alcuni suoi dipinti di quel periodo, ho compreso come potesse essere stato Novembre. Ovvio, non è una riproduzione identica. Di sicuro però racconta l’artista e ciò che questo luogo può avergli ispirato. Io vivo qui da poco, da qualche anno, e in questo contesto mi sono immaginata come il paese, la gente, gli amici, gli altri artisti… gli avessero potuto ispirare sensazioni e pensieri che lui ha messo qui dentro, in una costellazione di segni, simboli, disegni, minuscoli oggetti e misteriose parole. Io sono restauratrice e il mio lavoro consiste nel rispettare il più possibile l’idea originale dell’artista e nell’inventare il meno possibile. Attraverso la ricerca ho comunque ricavato la mia ispirazione.

- E poi da dove hai cominciato?

L’affresco era pieno di buchi, c’erano tante piccole lacune di materia, e da queste sono partita: come prima cosa ho pensato che dov’erano i buchi dovessero esserci state le famose goccioline di colla che lui era solito realizzare in una serie di quadri, una tecnica però non adatta all’esterno. - NOTA: Luca Alinari utilizzava per le sue “stelline” colla uhu, più brillante, quando voleva inglobarci qualcosa, e colla vinavil, più opaca, quando invece voleva poi lavorarci sopra. Nell’affresco Novembre, essendo questo all’aperto e quindi costantemente soggetto agli agenti atmosferici, purtroppo le sue stelline hanno resistito pochi anni e poi sono cadute a terra staccandosi dalla base e portando via con sé colori e pezzettini di materia. - Ho preso dunque un foglio di carta lucida, l’ho applicato sopra e ho ricalcato i punti da cui questa colla era caduta. Tolto il lucido, ho cercato una malta simile a quella originale, con sabbia silicea, un legante idoneo, e l’ho colorata un po’ con gli ossidi. Con questa sono andata a tappare tutti i buchi e a ricreare una superficie il più possibile omogenea. Poi, siccome sul resto della superficie, in alcune zone, c’era rimasto uno strato di bianco, sono intervenuta con una pittura che si chiama quarzite (un prodotto a base acrilica che si usa per pitturare i muri in quanto molto stabile a livello di consistenza e durabilità nel tempo): l’ho colorata e ci ho fatto una stesura molto acquarellata in modo che s’intravedesse sempre un po’ la superficie vecchia (tecnica che applico sempre quando intervengo sugli affreschi). Dopo aver così ricreato la superficie, ho subito intensificato con i colori e le matite le parti del dipinto originali ancora leggibili, pochissime, che erano fortunatamente rimaste e che ho salvato: i tratteggi a zig-e-zag in alto (che ho conservato dove integri e continuato ricollegando i vari segmenti); la scritta in stampatello FAME DI TONNO, che ho solo rafforzato, sempre in grafite; un pezzo di B e un pezzo di R di NOVEMBRE. Mentre l’aggettivo VERO è frutto di una ricerca fatta insieme a Michela Pomposi su una serie di vecchie fotografie in bianco e nero: con la lente d’ingrandimento siamo riuscite a carpire dettagli e particolari importanti. Infine ho ripreso il mio spolvero iniziale, l’ho riappoggiato sopra e ho tracciato così le stelline nei punti in cui avevo segnato i buchi.

Luca Alinari e le sue stelline.jpg

Stelline e colori

Quando scelgo un rosso, mi parla, mi dice “sono il tuo sangue”, e il rosa dice “sono il tuo sangue che affiora sulle tue guance”, e il giallo ti dice “sono il tuo sangue che sta morendo”, ammalato. Perché tutte le cose sono ammalate. I colori fra di loro fanno una guerra, per questo la pittura sembra la vita. Anche la pittura è sempre una guerra. Una guerra contro quello che sta per accadere.

Luca Alinari

- E per i disegni e colori come hai fatto?

Lui probabilmente aveva usato pennarelli mentre io ho usato il pennello e la quarzite colorata con gli ossidi. Mi sono creata tanti colori diversi, molto accessi, che poi mescolavo via via a seconda di quello che volevo disegnare... Per la scelta dei colori mi sono basata sia su una foto (inviatami da Simonetta Paloscia) di un dipinto di Luca Alinari fatto sempre in quegli anni, con uno sfondo bianco e tanti disegni e stelline come questo, sia su un quadro (prestatomi da Simonetta Paloscia) intitolato Colline ma in cui ci sono più stelle che altro. Mentre qui, come nel dipinto della foto, ci sono pure altri disegni, simboli astratti, fantasiosi, animalettini, spirali… Questa è una tecnica che lui ha ripetuto spesso per un certo periodo, in diversi quadri, cambiando magari il colore dello sfondo ma bene o male i piccoli disegni erano quasi sempre gli stessi: le stelle piene o vuote, i tratteggi a zig-e-zag, gli spermatozoi che io qui, a volte, ho trasformato in girini - l’inizio della vita! - o altri simboli ancora più strani che ho ripreso pari pari da quella foto. E poi dava una sottile tridimensionalità al quadro, attaccandoci tante piccole cose, oggettini che a volte inglobava nelle gocce di colla… E qui si apre una storia interessante: dai ricordi-racconti di alcuni abitanti come Luciano Gelli, Angela Palandri, Daniela Gelli e Massimiliano Brughitta, è emersa la storia che qui Luca Alinari avesse inserito alcuni pezzettini di tonno (sott’olio) all’interno delle goccioline… che poi staccandosi e cadendo, avevano lasciato persino segni di unto! Per ricreare l’idea del tonno, ho utilizzato rotolini di juta. Così nel dipinto c’è comunque questa memoria del paese: alcuni abitanti ne sono davvero convinti, altri sostengono invece sia solo una leggenda suggerita magari dall’enigmatica frase “FAME DI TONNO” alla quale, altra piccola curiosità, Ivano Gelli (fratello di Luciano) aveva risposto con un quadro intitolato “FAME DI SGOMBRO” - (che ha promesso di cercare in soffitta e se lo trova lo esporremo alla Pro Loco!).

- Questo dipinto è come un gioco.

Sì, e invita chiunque lo guardi a giocare, ad esempio: c’è un bottone, trovalo! Ci sono anche tanti fiorellini ma se non ti soffermi a cercarli non li vedi. E poi ci sono alcuni pesci. Anche due gamberoni, trovali! E dei piccoli coni, che lui disegnava spesso (ma non so cosa potessero significare). E poi la cosa divertente è che questi piccoli disegni e oggettini sono tra loro connessi, in qualche modo collegati, giocano tra loro, a volte si rincorrono: così possiamo leggerci dei percorsi e immaginare storie, ad esempio questa stellina cadente sopra il pesce che insegue quest’altra cosa perché se la vuole mangiare! È come guardare il cielo o il mare: per noi sono ambienti infiniti e misteriosi che stimolano la nostra immaginazione. Così fa questo dipinto, risveglia la nostra fantasia. I bambini e le bambine si divertono a indovinare dov’è questo-o-quello. Ma anche noi adulti ci possiamo giocare! Sopra alcuni disegni, ho poi attaccato slime colorati: cerchietti, anellini, perline, palline minuscole che mi ha regalato Greta (figlia di Sabrina, mie vicine di casa), oggettini che ho scelto ispirandomi ai simboli utilizzati da Alinari, e poi un po’ di glitter che invece mi ha dato Angela. Ho preso esempio dagli altri dipinti con le “stelline” e cercato di ricostruire questo nel modo che sentivo più verosimile. È la regola del restauro: inventarsi il meno possibile.

- Ma c’è comunque un dettaglio tutto tuo?

Sì, i due gamberoni! La mia risposta alla sua “fame di tonno”. E poi, ispirata dalla leggenda castagnola, i rotolini di juta con i quali ho voluto ricreare l’impressione che potrebbero aver dato i famosi pezzettini di tonno…

11. Novembre – Luca Alinari - 2020 - Vero Novembre.jpg

- Analizziamo invece il testo presente in questo dipinto. Perché “VERO NOVEMBRE” secondo te? Cosa significa “vero” qui?

Beh, possiamo solo provare a interpretare e ognuno può avere la sua intima spiegazione… Io ne ho parlato con alcuni abitanti e ad esempio, secondo Riccardo Innocenti, “vero” sta a significare la voglia dell’estate, la “fame di tonno” come dice l’altra scritta nel dipinto, fame di mare, sole e cieli stellati. Qui c’è colore e vita - niente grigio, nebbia o pioggia che ci aspettiamo da un mese come Novembre - e allora magari tutti quei piccoli disegni azzurri, gialli, verdi, rossi, rosa sono ricordi della stagione passata. Si ha già nostalgia dell’estate a Novembre… e potrebbe essere questa la “verità” del mese. Ma chissà cosa pensava in realtà l’artista mentre dipingeva, nell’estate del 1975, questo affresco!

- E “FAME DI TONNO”?

Allora, durante la ricerca abbiamo scoperto che “Fame di Tonno” è il titolo di un libro che Luca Alinari ha interamente illustrato con disegni e pastelli: una raccolta di poesie del suo amico scrittore Edoardo Sanguineti (Genova, 1930 - Genova, 2010) che è stata pubblicata nel 1981. Forse, mentre nel ’75 dipingeva Novembre, Alinari stava già lavorando a quel progetto editoriale, chissà. Il significato resta un enigma ma di certo si collega alla leggenda del paese…


NOTA:

PRIMA DI CONCLUDERE l’intervista, PROVIAMO A SCIOGLIERE l’enigma insieme ad Ivana Alinari che ha condiviso con noi alcuni ricordi…

Il significato autentico e originale rimane un mistero ma grazie ai ricordi di Ivana Alinari, moglie del pittore, abbiamo raccolto possibili indizi e qui la storia si fa ancora più curiosa e interessante. Prima però entriamo nel contesto storico, rileggendo un breve tratto del Libro Guida Castagno di Piteccio - il borgo museo di Pistoia”: […] Nel 1960, in occasione dell’inaugurazione della sala d’attesa per viaggiatori alla fermata del treno, il borgo organizzò una particolare iniziativa culturale promossa dalla Pro Loco: un concorso di pittura estemporanea che si svolse durante il giorno. […] Da quella prima volta, a Castagno ci furono 21 edizioni che ospitarono in totale oltre 600 pittori. Nel 1971, venne anche istituito il “Premio Castagno Nazionale di Pittura” promosso dal critico d’arte Tommaso Paloscia che negli anni Sessanta aveva acquistato una casa nei pressi del borgo, per venire qui da Firenze in villeggiatura. Gli artisti da lui invitati dovevano partecipare con la realizzazione di un’opera e poi comporre, loro stessi, la giuria per la proclamazione del vincitore. L’evento ebbe un notevole successo e venne riproposto ogni anno fino al 1975, quando vi fu l’edizione speciale: stavolta gli artisti invitati dovevano rappresentare, attraverso la tecnica dell’affresco, i 12 mesi dell’anno; ad ogni artista ne venne assegnato uno. Con questa manifestazione iniziò a formarsi il primo nucleo del Museo all’aperto di Castagno. […]

Ebbene: nel 1971, il Premio Castagno venne vinto da Luca Alinari e sua moglie Ivana ricorda che come premio gli venne consegnata una bicicletta Graziella pieghevole. Ma ricorda anche un altro premio che il marito ricevette probabilmente l’anno seguente come secondo o terzo classificato: una gigantesca scatola di tonno! Enorme, di forse 5 o persino 10 chili. - (I premi consegnati dalla Pro Loco consistevano spesso e volentieri in alimenti come prosciutti interi o mortadelle, etc…). - Ricorda che risero tanto, che portarono la scatola di tonno a casa a Firenze e che successivamente la condivisero con parenti e amici; loro stessi ne mangiarono tanto di quel tonno che era molto buono ma decisamente troppo da finire in due! È allora lecito ipotizzare che questo simpatico episodio sia finito in qualche modo nel dipinto che Luca Alinari ha poi, qualche anno dopo, nel 1975, realizzato a/per Castagno. Chi se lo sarebbe mai scordato tutto quel tonno?! E magari intanto gli era già capitato di raccontare l’aneddoto al suo amico poeta Edoardo Sanguineti, il quale potrebbe aver tratto ispirazione per una poesia. Nel 1974 - secondo Wikipedia - lo scrittore genovese dedicò diverse poesie all’amico pittore fiorentino e molto probabilmente queste, tutte o alcune, sono state raccolte nella pubblicazione del 1981, illustrata da Alinari e intitolata “FAME DI TONNO”.

Una serie di coincidenze oppure quel bizzarro premio può aver davvero ispirato sia un affresco che un libro?! Chissà. In merito invece ai famosi pezzettini di tonno che, a Castagno, si narra il pittore avesse inglobato nelle sue goccioline di colla, non abbiamo conferma da Ivana Alinari. Lei era lì presente, e nega decisamente questo fatto; più probabile dunque sia solo una leggenda nata da quella scritta che risultava di sicuro incomprensibile ed enigmatica, così magari qualcuno per darsi una risposta o anche solo per scherzarci un po’, ha iniziato a spargere quella voce e alla fine, si sa, la memoria mescola tutto, finzione e realtà. Ivana ricorda invece di una volta in cui suo marito utilizzò davvero del cibo per le sue stelline ma si trattava di granelli di zucchero che poi col tempo si ossidarono annerendo (a chi sperimenta, ovviamente, capita anche di sbagliare!).

Ivana racconta come suo marito fosse non solo un pittore ma anche un letterato e, non a caso, intrattenne rapporti di amicizia con diversi scrittori. Luca Alinari amava la scrittura, la parola scritta, le parole, anche il loro suono. Appuntava note, pensieri, concetti che poi avrebbe usato e riusato come titoli dei suoi dipinti o che avrebbe scritto persino dentro ai suoi quadri, qua e là, tra disegni e colori. I titoli per lui erano importantissimi, erano parte dell’opera. E tutte queste parole, frasi, espressioni, spesso enigmatiche, potevano venir fuori da conversazioni oppure da letture, da un romanzo o da una poesia che aveva letto. E lui, a sua volta, avrebbe potuto ispirare l’opera di qualche amico poeta, magari con la sua storia di “Castagno e la gigante scatola di tonno”. E allora la poesia sarebbe stata proprio così:

IO PESCO CON ESCHE FINTE:

(NON SI TRATTA DI TONNI,

EVIDENTEMENTE): (E NEMMENO,

POSSO AGGIUNGERE, DI FAME):

TI CANCELLO, ALLA FINE, COSÌ,

CON LA MIA TESTA FLESSIBILE:

- poesia di Edoardo Sanguineti tratta dal libro “FAME DI TONNO” (1981)

All’interno della stessa raccolta, esiste un’altra breve poesia che contiene un’altra espressione che ricorda molto il linguaggio dei titoli/dipinti di Luca Alinari: “automa di sé”. Questa poesia parla pure di “stelle piccole”, tanto amate e dipinte da Alinari, e fa così:

SONO UN CELLOFANATO VELATO

AUTOMA DI

ME AUTOFAGO PER TE:

(MI EMARGINO AI MARGINI, GOFFO):

(E

TREMO TRA LE STELLE

TROPPO PICCOLE):

È quindi plausibile che in questa raccolta di poesie, oltre ai disegni che accompagnano i testi, ci sia davvero molto di Luca Alinari “non solo pittore ma anche letterato”. Inutile però ragionare troppo sull’Arte. Ad un certo punto, non resta che accettarla così com’è, senza pretendere troppe spiegazioni e significati che nessuno, forse nemmeno l’artista, saprebbe mai darci. Chi si avvicina davvero a un’opera (visiva, letteraria, sonora, …) saprà metterci un po’ di sé, della propria intimità, e trovarci il proprio senso. È il dialogo eterno tra l’opera ed il presente contemporaneo. Ecco, siamo arrivati a quel punto. Adesso tocca a ognuno di noi prendersi la libertà di vedere e credere tutto ciò che si desidera.

FAME DI TONNO - dettaglio dell’affresco Novembre di Luca Alinari restaurato da Sarah Manca (agosto 2020). Foto di Riccardo Boccardi.

FAME DI TONNO - dettaglio dell’affresco Novembre di Luca Alinari restaurato da Sarah Manca (agosto 2020). Foto di Riccardo Boccardi.

Copertina del libro “Fame di tonno. Pastelli e poesie” con poesie di Edoardo Sanguineti e disegni a colori di Luca Alinari. Pubblicato nel 1981 da Calcografica Studio (San Giovanni Valdarno). Le poesie, così come il titolo nella copertina del libro,…

Copertina del libro “Fame di tonno. Pastelli e poesie” con poesie di Edoardo Sanguineti e disegni a colori di Luca Alinari. Pubblicato nel 1981 da Calcografica Studio (San Giovanni Valdarno). Le poesie, così come il titolo nella copertina del libro, sono scritte in un originale ed unico font “biscottato”.


- Infine: Sarah, concludiamo l’intervista con i tuoi ringraziamenti personali.

Ringrazio Simonetta Paloscia per il costante incoraggiamento e la ricerca di foto e dipinti, attraverso l’archivio di suo padre (Tommaso Paloscia, critico d’arte e fondatore del Museo all’aperto di Castagno), che mi hanno aiutata ad immaginare l’affresco nel modo più fedele possibile a come l’aveva concepito e realizzato Luca Alinari, purtroppo scomparso nel 2019. Ringrazio la famiglia Alinari, ovvero la moglie Ivana e il figlio Filippo, che da Firenze, tramite videochiamate, mi hanno raccontato del marito/padre/artista e mostrato il libro Fame di Tonno. Ringrazio quindi Michela per la ricerca web: prima di contattare la famiglia Alinari, abbiamo scoperto la connessione tra l’affresco di Alinari e le poesie di Sanguineti proprio perché lei ha googlato l’enigmatica frase; e poi per aver documentato il mio lavoro con le sue foto (vedi gallery di seguito). Ringrazio anche gli altri vicini di casa che mi hanno aiutata prestandomi strumenti o donato oggetti fondamentali: Rosanna mi ha prestato la siringa, Sabrina e sua figlia Greta mi hanno dato tutti i coloratissimi slime; Angela mi ha dato i glitter; Luciano e Stefano mi hanno invece raccontato molte storie del paese, aneddoti legati all’affresco, come la leggenda secondo cui Luca Alinari aveva usato pezzettini di tonno all’interno delle sue gocce di colla vinilica o uhu (entrambe non adatte all’esterno)… E a questo proposito, ringrazio Valeria Magnani per avermi fatto scoprire e trovare la colla ideale - si chiama UNICUM ed ha una garanzia di almeno trent’anni! - per ricreare l’effetto “pioggia” tridimensionale nel modo più resistente e duraturo possibile. Infine, ma in realtà per primo, ringrazio mio marito Pieralberto, che mi sostiene sempre.

All’inizio avevo molta paura di sbagliare ma alla fine mi sono divertita tantissimo. Io di solito tratto affreschi del Quattro/Cinquecento… qui mi sono cimentata per la prima volta in un’opera contemporanea però l’ho fatto con lo stesso criterio. Esistono studi recenti sul restauro dell’arte contemporanea, è una disciplina/esigenza ancora nuova ma sempre più necessaria: anche le opere moderne si rovinano, anche un’opera che ha solo vent’anni richiede un minimo di manutenzione. Io qui, come faccio sempre, ho cercato di inventare il meno possibile pur non avendo praticamente niente come base su cui lavorare, ad eccezione di qualche piccolissima traccia. Mi hanno aiutata però le foto, il quadro Colline di quello stesso periodo, e i tanti racconti su Luca Alinari e Castagno.

Sono contenta, questo è il mio paese, è la mia casa. Sono grata a tutte le persone che mi sono state vicine, dalla ricerca d’informazioni ai quattro pomeriggi passati tra colla e colori, a chi mi ha regalato il proprio entusiasmo. A Ivana e a Filippo Alinari che mi ha detto: “sembra fatto dal babbo”.

- Grazie a te, Sarah. Grazie di cuore per questo tuo prezioso dono al Borgo Museo! Pro Loco & CdP staff

Luca Alinari e Fabio De Poli a Castagno in quella famosa estate del 1975, mentre dipingono i loro affreschi (Novembre, Alinari e Ottobre, De Poli) - foto dall’archivio di Tommaso Paloscia.

Luca Alinari e Fabio De Poli a Castagno in quella famosa estate del 1975, mentre dipingono i loro affreschi (Novembre, Alinari e Ottobre, De Poli) - foto dall’archivio di Tommaso Paloscia.

Novembre di Luca Alinari durante il restauro di Sarah Manca, agosto 2020 - foto di Michela Pomposi e Sarah Manca. Sfoglia la Gallery!

Novembre e Sarah, Castagno 2020 - foto di Rachele Salvioli.


Castagno di Maggio 2019 - percorso lento "Il borgo museo" - FOTO

Qui il foto racconto del primo percorso lento “Il borgo museo” organizzato per la prima edizione di Castagno di Maggio, anno 2019!

GRAZIE di cuore a tutte le persone che hanno partecipato! Un grazie speciale a: le meravigliose guide Ilenia (CdP staff), Elena e Susanna (FAI giovani Pistoia); tutto il FAI giovani Pistoia per la preziosa collaborazione; Simonetta Paloscia, Enrico Bandelli e Fabio De Poli per le loro autentiche testimonianze; e poi il Comune di Pistoia per il sostegno a questa nostra programmazione di percorsi lenti tra arte e natura… Grazie a tutti! CdP staff & Pro Loco

C’era una volta il Castello di Castagno. E la Regina Ansa!

Ripercorrendo la storia di Castagno di Piteccio, a partire dalla sua origine, non possiamo che imbatterci subito nella figura di Ansa, l’ultima regina dei Longobardi.

È proprio qui, a circa due chilometri dall’attuale borgo, in una zona che nell’800 prese il nome di Saletto, che un tempo si trovava il Castello (di cui oggi restano poche tracce visibili) in cui risiedette Ansa. Ma perché una regina longobarda e tanto importante soggiornò tra le colline e montagne pistoiesi?

Una ricognizione della zona ha rivelato le tracce di un’antica costruzione, con un grande bastione a forma quadrangolare e la base di u torrione longobardo. Nel catasto granducale, la zona è segnata col nome di Saletto. Sulla mappa catastale del 183…

Una ricognizione della zona ha rivelato le tracce di un’antica costruzione, con un grande bastione a forma quadrangolare e la base di u torrione longobardo. Nel catasto granducale, la zona è segnata col nome di Saletto. Sulla mappa catastale del 1835, graficamente riportata qui sopra, è segnato a sinistra il paese di Castagno e poco più in alto, a destra, il Castello di Castagno (a circa due chilometri di distanza dal borgo, nella zona di Saletto).

 

LA REGINA ANSA

Uno degli ambiti in cui la regina operò fu quello, tradizionale, del culto religioso. In particolare, insieme al marito Desiderio, controllava direttamente l’intera rete di complessi monastici in Lombardia, Emilia e Toscana. Specificamente nel territorio attorno a Castagno esistevano dei Monasteri Ospizio fondati in quell’epoca dal medico pistoiese Gaidualdo. Ma l’influenza della regina non finisce qui: nel 753, Desiderio promosse la fondazione del monastero di San Salvatore a Brescia, voluto soprattutto da Ansa, della cui comunità femminile divenne badessa la figlia Anselperga.

Molte informazioni su questa figura vengono fornite da Paolo Diacono: monaco, storico e poeta di origine longobarda. Il monaco dedicò un epitaffio in versi ad Ansa, definendola «bellissima» e sottolineando il suo intervento determinante durante il regno del marito non solo in ambito religioso ma anche politico: il suo ruolo nella politica matrimoniale rafforzò, nel contesto europeo, la posizione della monarchia longobarda. La figlia Adelperga venne promessa in sposa ad Arechi, che fu imposto come duca a Benevento, mentre un’altra figlia, Liutperga, sposò il duca di Baviera Tassilone. Infine, la terza figlia, il cui nome non è indicato dalle fonti del tempo (rinominata successivamente “Ermengarda” da Alessandro Manzoni), sposò Carlo, non ancora Magno, re dei Franchi. La coppia occupò dunque una posizione prestigiosa nell’aristocrazia bresciana.

La figura di Ansa rappresenta un passo avanti rispetto al concetto di regalità femminile. La sua forte influenza era sottolineata anche nella documentazione notarile del tempo: alla regina venivano ormai attribuiti titoli - declinati al femminile - un tempo riferiti al re: «excellentissima», «reverendissima», «felicissima». ­­

Dopo la caduta del regno longobardo ad opera di Carlo Magno, Ansa si rifugiò insieme al marito in Francia. La tradizione vuole che si trovi oggi sepolta nella basilica del monastero di San Salvatore in una tomba decorata da mosaici.

 

IL CASTELLO DI CASTAGNO

Purtroppo il Castello di Castagno - dove Ansa soggiornò durante il suo periodo trascorso in Toscana - venne distrutto nel XV secolo per circostanze ancora poco chiare. Il Castello ebbe comunque un ruolo fondamentale per la storia e per l’identità dell’attuale borgo: le sue rovine, infatti, furono utilizzate per la costruzione del primo nucleo abitativo del paese che ancora oggi vediamo e conosciamo come Castagno di Piteccio. Trasportate in quella che prima veniva chiamata la Villa (un’area intorno alla fortezza dove viveva la comunità che coltivava il terreno), le pietre servirono così ad ergere nuove mura e case dove oggi possiamo “leggere” il passato: qua e là per il borgo sono evidenti varie incisioni, alcune riportano simboli medievali, altre testimoniamo la fondazione del paese attorno al 1600 circa.

E In un certo senso, come le pietre di questo castello, anche la regina ANSA ebbe un ruolo di “fondatrice”: con la sua attività politica, contribuì a stabilizzare il popolo longobardo in Italia per quasi mezzo millennio, fino all’invasione franca. e la storia, infatti, non l’ha dimenticata.